Otto Fenichel (1926) – Sulla comunicazione inconscia*

Otto Fenichel (1926) – Sulla comunicazione inconscia*

Molti anni fa – a voler esser più precisi ne L’interpretazione dei sogni per la prima volta – Freud descrisse il modo in cui l’individuo reagisce agli atti mancati o alle azioni di auto-tradimento da parte di un altro individuo come se li comprendesse.

A volte rispondiamo senza saperlo anche ad altre indicazioni, meno chiare, sulle intenzioni inconsce degli altri. Talvolta succede anche che due persone comunichino a livello inconscio senza che ne siano consapevoli. Questi eventi possono essere giustificati in due modi: può avvenire che dei segnali minimi vengano percepiti e capiti, intuitivamente, da un inconscio di simile orientamento rispetto al proprio, o può presentarsi il caso di una comunicazione improvvisa – come quella che Loewenstein ha chiamato “induzione di affettività”[1]. In questo caso, però, ad essere comunicati non sono solo ‘affetti’ ma anche pensieri. Troviamo evidenza di questo tipo di ‘induzione’ – in cui solo l’idea indotta (ma non la sua origine) diventa conscia al ricevente – in certi casi descritti di recente da Freud e definiti telepatici.[2] Si tratta di casi in cui il soggetto percepisce i desideri inconsci di un altro individuo. Freud ha dimostrato che le idee provenienti dall’inconscio sono particolarmente soggette a questo tipo di trasferimento telepatico e questa è anche una delle ragioni per cui, in analisi, ci accade di intuire, improvvisamente e spontaneamente, le idee inconsce del nostro paziente. Personalmente, mi è capitato solo di rado di esperire in modo chiaro e inequivocabile questa improvvisa consapevolezza delle idee inconsce del paziente, ma quelle poche volte l’intuizione si è rivelata esatta, una volta verificata con il paziente. Ovviamente, questo avviene in maniera più frequente con pazienti isterici rispetto a pazienti con nevrosi ossessiva. Nei pazienti isterici, proprio a causa del tipo isterico di repressione, succede più spesso che pensieri totalmente inconsci raggiungano il livello di consapevolezza.

Fornisco il caso di un mio paziente per meglio illustrare ciò che intendo dire: durante l’analisi delle sue esplorazioni sessuali infantili, una paziente aveva evocato l’immagine di un uovo e di un bicchiere d’acqua. Sebbene io non avessi mai visto un mago manipolare tali oggetti, feci immediatamente l’associazione e dissi: “sono gli oggetti di un prestigiatore”. L’intuizione si rivelò corretta.

Tale fenomeno è molto diverso dalla percezione inconscia dell’inconscio di un’altra persona attraverso dei segnali, procedura psicologicamente senz’altro più trasparente.

Propongo un raro esempio di un percorso inconscio di questo tipo. I ‘segnali’ in questione sono senz’altro ‘minimi’; ciò che è importante notare non è il fatto che siano stati percepiti ma che siano rimasti inconsci per entrambi gli interlocutori. In questo caso, un fatto che a prima vista sembrava oscuro si è rivelato riconducibile a una piena comprensione razionale.

Il paziente in questione aveva iniziato l’analisi per risolvere delle difficoltà caratteriali: aveva una relazione con una vedova notevolmente più grande di lui che aveva conosciuto ‘salvandola’ da difficoltà economiche. A livello conscio, l’uomo provava disprezzo per la donna ma non riusciva ad allontanarsi da lei. Si era avvicinato all’analisi con il desiderio, fra gli altri, di spezzare questa catena. Il fatto che questa vedova rappresentasse la figura materna non emerse subito nell’analisi. La donna, entrata nel climaterio, sapeva che prima o poi avrebbe perso il suo amante e avrebbe trascorso il resto della sua vita in assenza di gratificazioni. Lo teneva legato a sé con tutti i mezzi, gli aveva anche fatto delle scenate di gelosia. In generale, però, la donna ignorava, pur nell’angoscia e per quanto possibile, tutti i segnali di rottura che il giovane le lanciava. Era una donna semplice, dalla quale non ci si poteva aspettare né menzogna né astuzia; viveva nella periferia e di rado si spingeva in città. Il mio paziente le faceva visita a casa.

Una mattina, dopo lunghe battaglie interiori, il paziente avvicinò una ragazza incontrata per caso, passeggiò con lei, si sedette con lei in un parco (un parco di cui non conosceva l’esistenza), parlò con lei, fumò con lei e la portò a pranzo fuori. Trascorso questo tempo insieme, si diedero un appuntamento e lui proseguì la sua giornata. La sera, spogliandosi, si accorse di aver perso un gemello. Si ricordò allora che durante la passeggiata del mattino con la ragazza aveva notato il gemello aperto sul polsino; si arrabbiò con sé stesso per non averlo riagganciato. Il giorno dopo fece visita all’anziana vedova. Nella sala da pranzo, sul tavolo, c’era un vassoio per i biglietti da visita. Appena entrato, vide un gemello sul vassoio, in bella vista, come se fosse stato messo lì appositamente per esser notato. Dopo averlo preso, si accorse che era quello che aveva perso. Trasalì, all’improvvisò lo sfiorò il pensiero che il gemello fosse lì in segno di accusa per l’avventura del giorno prima. Tuttavia, abbandonò subito l’idea perché sapeva che la sua amica non era capace di simulare e se avesse davvero saputo qualcosa, non sarebbe riuscita a trattenere una sfuriata. Le chiese “che cos’è questo gemello?”. “L’ho trovato ieri”, rispose lei, “perché sta qui?” ribatté lui, “ho pensato che potesse servire a qualcuno all’occorrenza, così l’ho portato a casa e l’ho messo qui”, replicò la donna. Alla domanda “Dove l’hai trovato?”, lei rispose “nel tale parco”. L’uomo le chiese come mai fosse in quel parco e la vedova rispose: “stranamente dovevo comprare una cosa proprio da quelle parti ieri, così mi sono riposata in quel parco, che non conoscevo proprio, e sotto una panchina c’era questo gemello”. “A che ora?”, chiese lui, “all’una circa”, rispose la donna. Quella era l’ora in cui lui si era seduto lì. Era quindi chiaro che si era seduta sulla panchina subito dopo di lui e che aveva trovato il gemello da lui perduto e l’aveva portato a casa.

Sono due i fattori che suscitano esitazione: uno riguardante il paziente e uno la donna. Per tutto il tempo trascorso nel parco, il paziente si era sentito in colpa per la sua infedeltà e si era chiesto cosa avrebbe detto la sua amica se l’avesse visto lì; la sua situazione psicologica complessiva era tale da prestarsi a un inconscio auto-tradimento. Inoltre, poco prima di sedersi, aveva notato il gemello aperto; aveva dunque offerto al suo inconscio una buona occasione per auto-tradirsi. Per quanto riguarda la donna, è difficile credere che avesse preso il gemello, l’avesse portato a casa e l’avesse messo in un posto insolito affinché lui potesse vederlo e ricordarsi del suo misfatto. Se lo avesse visto davvero con la ragazza e avesse voluto metterlo di fronte al corpus delicti quello era senz’altro il modo migliore. Le circostanze si prestano a una sola spiegazione. L’unico ruolo svolto dal caso[3] in questa faccenda è che entrambi erano in un parco che non conoscevano. Il resto è stato inconscio, azione volontaria alla velocità della luce: l’uomo seduto alla panchina aveva visto la donna avvicinarsi, sebbene non ne fosse conscio, era stato assalito da una tempesta di sentimenti, indubbio se rivelarsi oppure no. Aveva deciso per il no e aveva lasciato la panchina con la sua accompagnatrice, ma non senza soddisfare la sua tendenza all’auto-tradimento: aveva mosso il braccio per far cadere il gemello. La donna aveva visto l’uomo e lo aveva riconosciuto sebbene non volesse vederlo; non lo aveva raggiunto ma si era seduta sulla stessa panchina. Aveva trovato il gemello, lo aveva preso e l’aveva messo nel vassoio. Forse non aveva riconosciuto bene l’uomo e aveva messo il gemello lì per metterlo alla prova? Senz’altro non stava mentendo e questo va sottolineato ancora una volta. Quando il paziente le raccontò l’intera vicenda con sincerità, lei disse che non l’aveva visto e non aveva riconosciuto il gemello, disse di averlo portato a casa senza alcun proposito e che non le era passato neanche per l’anticamera del cervello che lui potesse trovarsi in quella parte della città.

Il paziente sembrò all’inizio molto perplesso di fronte a questa interpretazione ma dopo gli tornò in mente un dettaglio che la convalidò appieno. Lui e la ragazza stavano per alzarsi quando decisero di trattenersi altri cinque minuti per un’ultima sigaretta. Lui si ricordò che mentre stava fumando, improvvisamente sentì l’urgenza di spegnere la sigaretta alzandosi di scatto e dicendo alla ragazza: “Ora dobbiamo proprio andare!”, invitandola a dirigersi di gran carriera verso l’uscita. Quello doveva essere stato il momento in cui inconsciamente aveva visto la donna.

Sia l’uomo sia la donna avevano represso il fatto di essersi visti, come se si fossero messi d’accordo. Era per entrambi un’evenienza spiacevole. La donna aveva compreso immediatamente il significato della perdita del gemello e aveva reagito di conseguenza. In effetti, la donna aveva fatto esattamente ciò che il comportamento dell’uomo celatamente le chiedeva di fare: l’alzarsi di scatto e l’andar via, perdendo il gemello nell’azione, voleva dire “Tu non devi notare che io mi sono seduto lì con una ragazza, ma lo devi sapere!” E questo è ciò che avvenne.


*Pubblicato per la prima volta nella: Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse, vol. 12, 1926, pp. 84-87.

[1] Lowenstein R. (1924), Ueber Affektinduktion, lettura tenuta presso il Berliner

                                        Psychoanalytisches Institut.

[2] Freud S. (1921), Sogno e telepatia, O. S. F., vol. 9.

[3] È grande la tentazione di negare a questo evento la qualità del caso e di considerarlo, piuttosto, come determinato psicologicamente, addirittura come fenomeno telepatico. Ma non vi fu prova di questo nell’analisi. La presenza di entrambi in quella zona, rimase interamente basata sul piano della possibilità razionale e nessuno dei due sapeva che l’altro era lì.

Via Giuseppe Avezzana, 6 Roma +39 06.3701374 +39 339 39 74 371 albertoangelini10@gmail.com
Terapie online