
La comparsa della Psicoanalisi in Italia
In Italia non solo la letteratura, ma più in generale la cultura, faticarono non poco a rendersi conto delle novità straordinarie che stavano affiorando dal gabinetto di analisi di quel singolare medico ebreo viennese.
Se immaginiamo di poter suddividere questa fulminea ricognizione sulla situazione italiana, più o meno, per decadi, rintracciando in ciascuna di esse un evento o un libro decisivo, la prima tappa può essere fissata nel 1910, con l’uscita del numero unico della «Voce» (n. 9 del 10 febbraio 1910) dedicato alla “questione sessuale”, al quale fece seguito, nel novembre successivo, a Firenze, centro della cultura italiana di allora, un convegno sullo stesso tema. In quel numero, un articolo di Roberto Assagioli, “Le idee di Sigmund Freud sulla sessualità”, ancora molto approssimativo per la terminologia tecnica, era comunque il primo a riconoscere, da una tribuna prestigiosa, a un pubblico non di soli addetti ai lavori, alcune delle principali tesi freudiane, compreso un concetto come quello di «sublimazione», che investiva direttamente il rapporto fra arte e psicoanalisi. Se Assagioli già allora, con un certo ottimismo, scriveva che il nome di Freud stava “diventando rapidamente celebre”, in realtà sarebbe occorso oltre un decennio perché la letteratura italiana fosse costretta a prenderne atto; e ancora solo attraverso fortissime resistenze.