L’evoluzione biologica e psicologica della specie

L’evoluzione biologica e psicologica della specie

(Articolo divulgativo) Se, come disse una volta Freud, il mondo esisterà ancora, come saremo fra qualche decina di migliaia di anni? Più alti o più bassi? Più forti o più deboli? Cresceranno le nostre capacità intellettuali? Alcuni studiosi si pongono questa domanda: “La specie umana è ancora in evoluzione?”. Su questo tema, il dibattito è, tuttora, ininterrotto. Nei vecchi film di fantascienza, l’uomo del futuro è, generalmente, un essere gracile, con una grossa testa calva, a forma d’uovo. E’ molto intelligente, ma debolissimo. I più ottimisti amano, invece, immaginare degli esseri umani bellissimi, oltre che intelligenti. Su ogni ipotesi pesa un dubbio: l’evoluzione biologica è, necessariamente proiettata in avanti, o può anche tornare indietro? alcuni ricercatori, capovolgendo le teorie darwiniane, ritengono, paradossalmente, che gli esseri umani possano degenerare in scimmie. Qualcuno ha, addirittura, ipotizzato che lo scimpanzé derivi dall’uomo, invece di esserne un progenitore.
D’altra parte, una simile ipotesi contrasta con tutti i dati provenienti dalle altre discipline biologiche. In ogni caso, la grandissima maggioranza degli scienziati mantiene, come saldo riferimento, la teoria evolutiva di Darwin. Alcuni credono, anzi, possibile che, nei prossimi centomila anni, il volume del cervello umano possa aumentare di 100 centimetri cubi. L’aumento del volume verrà, probabilmente, accompagnato da un aumento nella densità dei neuroni. Le capacità mentali dei nostri discendenti saranno assai superiori rispetto alle nostre. Il loro cervello funzionerà, non solo, in maniera più rapida e più logica, ma anche in modo più plastico e creativo. E’, infatti, noto che plasticità e creatività sono dovute alla permanenza, più lunga nell’uomo che nelle scimmie, di caratteristiche infantili. Il lungo periodo di apprendimento, in ambito socioculturale, necessario alla sopravvivenza degli esseri umani, costituisce una sorta di prolungamento della infanzia, che fornisce maggiori capacità inventive. I bambini del futuro potrebbero avere, quindi, una infanzia più lunga, imparare di più e essere più creativi. Si ritiene che la vita sempre più sedentaria e il cambiamento del regime alimentare, pur producendo un lieve indebolimento dello scheletro e della dentatura, non causeranno danni sostanziali. Suscita, invece, timore l’enorme e progressiva crescita della popolazione. Si calcola che, 4 milioni di anni fa, esistevano, sulla terra, solo 250 mila ominidi. Ci vollero 2 milioni di anni, per raggiungere un milione di presenze umane. Per passare, invece, da I miliardo di abitanti, agli attuali 7,5 miliardi circa, sono occorsi, solo, un centinaio d’anni. Sul piano antropologico, il fenomeno è preoccupante e non è. escluso che inneschi una pressione selettiva tendente ad arrestare la crescita della popolazione attraverso la diminuzione della fertilità. Gli studiosi conservano, tuttavia, grande fiducia nella capacità, degli esseri umani di adattarsi ai cambiamenti dell’ambiente esterno. Con ciò, allontanano la possibilità che la specie umana si estingua. Infatti, l’estinzione naturale di una specie è, sempre la conseguenza di una eccessiva specializzazione biologica, che la rende adatta a sopravvivere in un solo tipo di ambiente. Quando l’ambiente cambia, la specie risulta inadatta alla nuova situazione e si estingue. L’umanità, a distanza di milioni di anni, ha invece conservato, apparentemente intatto, il suo potere adattativo. E’, quindi, presumibile che, con lo stesso corpo che ci ha consentito di sopravvivere nella savana, riusciremo ad adattarci anche alla vita nello spazio, se sarà necessario.
Non tutti, però, condividono questa fiducia nelle capacità adattative della specie umana. La selezione naturale, obiettano alcuni, non si verifica più, travolta dalle facilitazioni adattative offerte dal progresso scientifico e tecnologico. L’alimentazione abbondante, gli sviluppi della medicina, la contraccezione e la bassa mortalità infantile hanno congelato la selezione naturale della specie umana. Le mutazioni sono libere di accumularsi nel patrimonio genetico, senza alcun controllo. C’è, addirittura, chi paventa la catastrofe genetica. In ciò, potrebbe avere un ruolo il “Dna silente” che, negli organismi superiori rappresenta l’ottanta per cento del Dna totale completamente inattivo. Esso potrebbe accumulare mutazioni senza che una specie, apparentemente, ne risenta, per poi manifestarsi in presenza di uno choc, come un brusco cambiamento ambientale, Nascerebbero allora mutanti capaci di maggiori capacità adattative.

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